Nell’ambito del vasto panorama delle iniziative e delle tecnologie che si possono mettere in campo per implementare la mobilità sostenibile, senza dubbio un ruolo fondamentale può ricoprirlo la diffusione delle auto elettriche che stanno prendendo sempre più piede. Oramai tutte le case automobilistiche hanno iniziato a produrre modelli elettrici e sul territorio sono sempre più diffuse le colonnine per la ricarica elettrica. Senza dubbio, considerata l’elevata concentrazione di automobili sul pianeta terra, una maggior diffusione di quelle elettriche, a emissioni zero, darebbe un forte contributo alla riduzione degli inquinanti.
Ma cosa sono, esattamente, le auto elettriche e come funzionano?
L’auto elettrica è un’automobile con motore elettrico che utilizza come fonte di energia primaria l’energia chimica immagazzinata in una o più batterie ricaricabili e resa disponibile da queste al motore sotto forma di energia elettrica.
I veicoli elettrici hanno complessivamente una maggiore efficienza energetica rispetto ai motori a combustione interna; come peculiarità svantaggiosa si hanno una limitata autonomia fra le ricariche, un elevato tempo impiegato per la ricarica e la scarsa durata delle batterie, anche se con l’avanzare della ricerca su nuovi tipi di batterie ricaricabili e nuove tecnologie ne hanno incrementato l’autonomia e la vita utile, riducendone contemporaneamente il tempo di ricarica.
Le autovetture elettriche hanno un’autonomia che varia di molto. Le case costruttrici dichiarano, per i modelli equipaggiati con batterie al litio, delle autonomie tipicamente dell’ordine dai 200 ai 400 km[8], mentre per alcuni degli ultimi modelli in commercio, si dichiara fino a 600 km.
L’autonomia di un’auto elettrica – come viene ben siegato su Wikipedia – viene aumentata utilizzando un sistema di ricarica automatica nelle fasi di rallentamento, discesa e frenata, come il sistema KERS, che recupera all’incirca il 15% dell’energia impiegata in un medio percorso.
Allo stesso modo, la durata o utilizzabilità di una batteria dipende anche dalle condizioni ambientali: a temperature molto alte o estremamente basse le batterie perdono autonomia, soprattutto in quest’ultimo caso.
Le singole batterie sono di solito raggruppate in grandi gruppi a varia tensione e capacità per ottenere l’energia richiesta. La durata delle batterie dovrebbe essere considerata quando si calcola il costo di investimento, dato che le batterie si consumano e devono essere sostituite. Il decadimento delle batterie dipende da numerosi fattori, anche se si stanno progettando batterie che durano di più dello stesso veicolo.
Prototipo di accumulatore litio-polimero ideato nel 2005 dalla Lockheed-Martin per la NASA, con una capacità erogabile di 50 W·h/kg. I prototipi più avanzati (al 2017) forniscono 265 W·h/kg con la possibilità di migliaia di cicli di ricarica.
Le batterie ricaricabili utilizzate nei più diffusi veicoli elettrici si basano sul litio (le litio-ione, le Li-ion polimero, le litio-ferro-fosfato). In passato si utilizzavano l’accumulatore piombo-acido (“inondate” e VRLA), il NiCd e il tipo a NiMH.
Tra le batterie più promettenti in via di sviluppo vi sono le batterie al litio-titanio (titanato di litio e litio-diossido di titanio) ed eventualmente nuove varianti della pila zinco-aria (che però non possono essere ricaricate in situ).
Dal 2011, la Toyota è al lavoro per mettere a punto una nuova generazione di accumulatori agli ioni di litio ricaricabili in 7 minuti.
Ricercatori della Nanyang Technological University di Singapore stanno studiando una batteria gel di diossido di titanio; nel 2014 hanno presentato un prototipo che si carica fino al 70% in due minuti.
Nel 2017, la startup israeliana StoreDot ha presentato un prototipo funzionante di batteria che permette la ricarica completa in 5 minuti, per un’autonoma di circa 480 km, in una berlina elettrica di grandi dimensioni. L’unica criticità presentata dal prototipo è che per ottenere 100 km di autonomia necessita di una stazione di ricarica in grado di fornire una potenza di almeno 200 kW.
Le batterie sono tipicamente il componente più costoso dei BEV. Sebbene il costo di fabbricazione della batteria sia elevato, l’aumento della loro produzione porta a un sensibile abbassamento dei costi nel momento in cui la produzione dei BEV raggiungerà valori che si avvicinano al numero dei veicoli a combustione interna commercializzati al giorno d’oggi.
Le batterie delle vetture elettriche devono essere ricaricate periodicamente (vedi anche Sostituzione delle batterie, più sotto). Le auto elettriche solitamente vengono caricate dalla rete elettrica. In questo caso l’energia è generata da una varietà di risorse come il carbone, l’energia idroelettrica, l’olio combustibile, il gas naturale, altre fonti rinnovabili o, infine, nei paesi in cui è previsto l’uso, l’energia nucleare.
La maggior parte delle auto elettriche (es. Nissan Leaf, Tesla Model S, Renault Zoe, BMW i3) possono essere ricaricate all’80% della loro capacità in 30 minuti con ricarica in corrente continua.
Le Tesla Model S e Tesla Model X possono essere caricate con l’ultima stazione DC a ricarica rapida da 135 kW commercializzata dalla Tesla, fornendo, in circa 30 minuti, fino a 67,5 kWh, sufficienti per percorrere mediamente 290 km.
La velocità di ricarica domestica è vincolata dai contratti di fornitura di energia elettrica dell’impianto (tipicamente dai 3 ai 6 kW nei paesi con tensione a 240 volt, in Italia di 3 kW). Inoltre, anche disponendo di potenze elevate, alcuni sistemi di ricarica domestica sono progettati per operare a potenze limitate. Ad esempio, un sistema di ricarica Nissan Leaf, essendo autolimitato a una potenza di ingresso di 3,3 kW, impiegherà quasi 8 ore anziché 4, per caricare una batteria da 24 kWh, anche se collegato a un impianto di maggior potenza.
Generalmente non è comunque indispensabile una ricarica veloce perché, durante la giornata, si dispone di sufficiente tempo per la ricarica durante l’orario di lavoro oppure nel parcheggio della propria abitazione.
Oggi gli standard di ricarica in uso nel mondo delle auto elettriche sono tre. In corrente alternata si utilizza prevalentemente la presa di Tipo 2 mentre in corrente continua il mercato si divide tra CCS Combo 2 e CHAdeMO. Le principali stazioni di ricarica rapida (AC/DC) disponibili in Italia e in Europa supportano i tre principali standard mentre le colonnine di carica in corrente alternata supportano la ricarica con connettore Tipo 2.
L’alimentazione di corrente dalla “colonnina” all’auto può avvenire in due modi:
Per via “conduttiva”: in pratica una presa di corrente più o meno normale che, attraverso un trasformatore e un raddrizzatore, fornisce alla batteria l’energia necessaria alla ricarica.
Per via “induttiva”: l’avvolgimento primario (adeguatamente protetto) viene inserito in una fessura del veicolo, dove si accoppia con l’avvolgimento secondario. Con una connessione di questo tipo si elimina il rischio di folgorazione dal momento che non vi sono parti accessibili sotto tensione.
Se questo sistema funziona a impulsi ad alta frequenza può trasmettere enormi quantità di energia in pochi istanti (esistono sistemi simili in applicazioni di macchine industriali).
Un sistema che nasconda gli elettrodi può rendere il sistema conduttivo sicuro quasi come quello induttivo. Il sistema conduttivo tende a essere meno costoso e anche molto più efficiente per la presenza di una minore quantità di componenti.